
con la stoffa di re Salomone e l'occhio rapido dello scugnizzo
CAMORRISTI, MORIRETE !
post pubblicato in diario, il 6 marzo 2013
Camorristi, presto anche voi morirete. E i nipotini che oggi vi sorridono e giocano sulle vostre ginocchia, domani verranno a profanare le vostre tombe, a pisciarci sopra ridendo insieme agli amici.
Camorristi, le vostre anime bruceranno nel fuoco dell'inferno, e le vostre ripetute invocazioni a Sant'Antonio non varranno a nulla, così come non valsero a nulla quelle dei vostri predecessori sanfedisti che scomodarono il padovano perché si rendesse vostro complice nel defenestrare San Gennaro, reo a loro dire di aver appoggiato i giacobini!
Camorristi, finirete in un girone infernale in cui le vostre anime, dopo essere squagliate nell'acido, si rigenereranno di nuovo per essere squagliate un'altra volta, e poi ancora e ancora, all'infinito.
Camorristi, site 'o scuorno 'e ll'umanità!
Un pezzo di merda pentagonale
post pubblicato in diario, il 27 febbraio 2013
Tre anni fa, l'elezione di Obama risvegliò nel mondo un mare di speranze. In quell'occasione, scrissi che l'unidici settembre era finito. Poi, pian piano, aprendo gli occhi, ci siamo accorti che l'amministrazione Obama è soltanto una grossa fregatura fatta di apparenza e null'altro. Il primo presidente USA dalla pelle scura è peggio del suo collega Jimmy Carter, perché non saprebbe vendere nemmeno noccioline. Ieri ne abbiamo avuta la conferma, quando il Senato ha messo a capo del Pentagono un essere immondo di nome Chuck Hagel. Chi è costui? E' uno che s'è fatto mettere alla porta dal Partito Repubblicano; è uno molto amato da Ahmadinejad; è uno che a suo tempo s'era opposto all'occupazione dell'Iraq e che oggi vorrebbe occupare militarmente Israele e confiscarne la capitale. E' una merda, insomma.
"Abbattiamo i muri !"
post pubblicato in diario, il 26 gennaio 2013
Gli Israeliani sono fissati coi muri Vanno a pregare al MURO DEL PIANTO Innalzano il MURO DELLA VERGOGNA E poi costruiscono CASE per dare alloggio alle giovani coppie! Che scandalo, che inciviltà! Ed è giusto che si scrivano pagine e pagine sui giornali contro il MURO DELLA VERGOGNA che impedisce di lavorare a chi vuole farsi saltare i aria. Ed è sacrosanto che la diplomazia internazionale protesti contro questo scempio. E' giusto invece ciò che si sta compiendo in Siria. Lì, i muri li abbattono. E la comunità internazionale sta a guardare serena.      
Treccine color miele
post pubblicato in diario, il 25 settembre 2012
Treccine color miele di Fulvio Del Deo
Mi chiamo Ilaria, ho
ventisei anni. Sono ancora viva. Riapro gli occhi in un letto sconosciuto. Ho la
vista annebbiata e lo zigomo sinistro gonfio che mi ingombra la visuale. Fuori è
una giornata stupenda, da starsene a mare fino a tardi. Dalla finestra vedo
Capri all'orizzonte, ma non riesco a provare nessuna emozione. Più che il dolore
al corpo fa male il vuoto che ho dentro. Un vuoto fisico, carnale. Un'assenza
incolmabile.
Riacquisto pian piano coscienza nonostante i farmaci
continuino a ottundere i miei sensi, costringendomi in un limbo ovattato. Non
ricordo quasi nulla delle botte, dei pugni, solo quel flash improvviso, quella
luce accecante che mi ha fatto volare per un attimo su, fino in paradiso ad
accompagnare la mia piccina... Il Signore la protegga.
Mi rigiro. Ho il
fianco destro pieno di ferite, lividi, escoriazioni e chissà che altro. Vorrei
uno specchio. Ma forse è meglio così. Richiudo gli occhi e cerco di capire, mi
chiedo come ho fatto ad arrivare fin qui. Fino a questo punto di non-ritorno.
Come ha fatto la mia vita a prendere questa piega assurda.
Mi
riaddormento. Sogno Andrea, l'estate di tre anni fa. Ma nel sogno non va a
finire come andò nella realtà, lui si trasforma in mia madre e così mi
risveglio, con un senso di nausea, saranno le medicine... E ho una sete da
morire.
L'estate di tre anni fa. Forse fu proprio allora che ebbe inizio
il tutto. Era l'ultima sera di vacanze. Eravamo in tenda, nudi, un po' brilli.
Ci accarezzavamo e ridevamo di mille sciocchezze. Ero felice. Totalmente serena
e allegra. La vita mi sorrideva.
Ci baciavamo, quando Radomir da fuori:
«Andrea, veri amici divide tutto. Noi qui ho sljivovica e noi solo in due!» Feci
segno con l'indice sul naso, sperando capisse al volo la mia intenzione di
fingere di dormire. Invece aprì subito la zip e lasciò entrare lui e la sua
biondina tedesca, di cui ho rimosso il nome.
Bevemmo tutti dalla stessa
bottiglia. Il bicchiere della staffa: domani ci si dice addio! Veri amici divide
tutto. La biondina cominciò ad accarezzare Andrea e Radomir mi guardò con occhi
da predatore. A quel punto ero ciucca al 100%, così lo lasciai fare. Intanto
vedevo Andrea che scopava sotto i miei occhi con la tedesca. Poi quell'odore
estraneo e acre di Radomir mi richiamò alla realtà. Altro che amore universale,
qua mi sembrava di essere in un film porno! Mi lasciai fare di tutto,
passivamente. A supplizio finito, mi addormentai.
Nel cuore dalle notte
uscii a vomitare, mentre in tenda Andrea continuava a dormire indisturbato.
Aspettai il chiarore del giorno in riva al mare. Avevo freddo. Mi sentivo
sporca, violata. Avrei fatto una doccia bollente.
In viaggio rimasi in
silenzio e misi lo stereo al massimo. Per Andrea era tutto ok, guidava portando
il tempo sul volante. Finsi di dormire al suo fianco. E così feci sul traghetto
e in macchina fino a Padova, dove lui si stava specializzando in psicoanalisi.
Io cominciavo a non credere più in niente e in nessuno.
«Non ti fermi un
po' per spezzare il viaggio?» «No, a Napoli ho un casino di cose in sospeso...
avrei dovuto essere lì già da una settimana», mentii. Sul treno mi accorsi di
odiare tutti. Passai tutto il tempo a guardare fuori dal
finestrino.
Napoli mi fece tenerezza, nel suo sfacelo quotidiano. Piazza
Garibaldi coi suoi emarginati e i suoi emigrati sfigati mi ricordò la proposta
di Angela di lavorare nel volontariato, sfruttando la mia conoscenza -si fa per
dire- delle lingue straniere.
Mia madre capì subito che era successo
qualcosa: «Perché avete litigato?» «Non abbiamo litigato. Semplicemente non
voglio più vederlo. Ma lui ancora non lo sa.» Glielo dissi per sms. E lui chiamò
subito sul fisso. Sentii la voce melliflua di mia madre in cucina: lei lo
adorava. Me lo passò: «Senti, prendila così: le storie finiscono perché qualcosa
si esaurisce. Come una batteria non ricaricabile. Mi dispiace.»
Mi buttai
a capofitto nel volontariato per cercare di credere di nuovo in qualcosa.
C'erano dei ragazzoni neri, cuccioloni bisognosi di famiglia. E io ero lì per
loro. Mi spezzavo letteralmente la schiena, dall'alba alla sera. E a casa
continuavo a lavorare al computer fino a notte, tentando di risolvere i loro
problemi.
"Peppino" si fa chiamare, è da tre anni che cerca di avere il
ricongiungimento con la famiglia, ma lo schifo della burocrazia gli mette sempre
il bastone fra le ruote. Intanto sua figlia cresce e fra poco dovrà andare a
scuola. E lui vorrebbe farle frequentare la scuola qui in Italia, dove ha
intenzione di vivere. E poi sua moglie! «Come fa un omo senza la moglie? lui è
solo una metà di omo, uno sfigato! Guardo la fotografia e la bacio? Dici, tu
faresti così per la vita?» E mi mostra la foto di una ragazza stupenda, con un
sorriso bianchissimo fra due guance nerissime.
Io, Angela e gli altri ci
facciamo il culo per un mese per procurarci dei computer vecchi, funzionanti
quel minimo per poter scrivere mail, per connettersi con skype, in modo che quei
poveretti non spendano tutto in schede telefoniche. E sono tutti così
riconoscenti da farmi commuovere fino alle lacrime. Sempre. Non mi abituerò mai
alla riconoscenza. Li amo tutti. Sono così indifesi... Non immaginavo che dei
giganti come loro potessero scatenare il mio istinto materno.
Poi in
quello stesso contesto compare Samir... Fu allora che cominciai a cantare a
squarciagola una vecchia canzone di Gianna Nannini. E fu proprio quel "sapor
mediorientale" a travolgere la mia vita. Lui era completamente diverso dagli
altri, dai cuccioloni neri e indifesi. Lui era determinato, aveva le idee
chiare, parlava di politica, di diritti. Era un uomo. Vero, come non se ne
vedono più da queste parti.
Aveva lo stesso nome di uno zio paterno che
aveva perso un braccio durante la Prima Intifada: «Lui è stato la mia guida
spirituale e io sono in debito verso di lui. Perciò continuerò la sua lotta, che
è una lotta di diritti di tutti i diseredati del pianeta. Noi dobbiamo
combattere contro lo strapotere dei ricchi che vogliono affamare l'umanità e
rubare i diritti e la terra ai popoli! Tu per me sei come un angelo, una
creatura celeste che porta soccorso, che fa il bene dove c'è chi ne ha bisogno.
Tu sei il mio ideale di donna che dà forza all'uomo e coraggio per
combattere.»
Vedevo il suo viso abbronzato, e lo sovrapponevo a quello
pallido di Andrea. Ascoltavo la sua storia, quella della sua famiglia, della sue
gente, narrate con quell'accento arabo che mi fa sempre squagliare... e mettevo
a confronto quelle vite piene di ideali con il degrado di quella mia notte
ubriaca in tenda.
Mio padre divenne grande amico di Samir. La domenica si
mettevano a chiacchierare di politica in soggiorno, mentre io aiutavo mia madre
a sbrigare la cucina. Poi portavo loro il caffè.
Quando seppe che ero
incinta, ci sposammo. Fu allora che mi chiese di vestire alla maniera islamica.
Io accettai di buon grado, perché era una cosa che mi faceva sentire di nuovo
"pulita". Mi ero finalmente liberata di quel sudiciume tenace che non voleva
scollarsi di dosso, da quelle notte in Croazia.
Peppino invece non fu
affatto contento di vedermi velata «No, no! tu hai i capelli belli come il
miele, non devi copprire. Allah ama i capelli delle donne come te. Tu non sei
superba e non fai arma della tua bellezza. Non devi copprire! Mia moglie, quando
tu riuscirai a far venire qui, ti farà le belle treccine piccole come ha la mia
bambina. Guarda, ho stampate stamattina con internet la sua foto...»
Lo
abbracciai e lo rassicurai che non sarebbe cambiato niente. A lui Samir non era
mai piaciuto, lo avevo capito fin dal primo istante. Ma io amavo tutti e due,
anche se in modo totalmente diverso. I due avevano una filosofia di vita troppo
differente. Peppino diceva: «Si prega Allah. E chi fa il bene avrà da Allah ciò
che ha pregato. Non si usa le armi per avere. Allah non vuole che tu uccidi le
vite! Lui le ha date e solo lui le toglie. Le armi sono solo per difendere le
vite, non per toglierle a persone innocenti!»
Anche a mia madre non era
mai piaciuto Samir. Ma le mamme -si sa- rompono sempre! Almeno così credevo
all'epoca.
E poi arriviamo a ieri, giovedì 2 agosto. Napoli, via Toledo
ore 12 e 45 circa. Un caldo da morire. Io al quinto mese di gravidanza e tanta
folla per la strada. Samir cammina accanto a me, leggermente più avanti, fiero.
Non vedo l'ora di sedermi in funicolare per risalire al Vomero a casa dei miei.
E sì, noi adesso abitiamo quaggiù. Non è il massimo come casa, ma col tempo
miglioreremo... La mia piccina scalcia nella pancia? La sento muoversi. Mi gira
la testa. Chiedo a Samir di rallentare un po'. Lui premuroso si preoccupa
«Problemi?» «No no, ho caldo però. Molto caldo...» «Fa caldo», e continua a
camminare.
A un certo punto mi sento proprio soffocare. Così mi scopro la
testa, mi levo il foulard e prendo a farmi aria con la mano. Samir si volta
rabbuiato «Rimetti subito!» Io lo guardo implorante «Si muore...» «Ti uccido io
se non metti subito!!», ripete sottovoce con rabbia. Non lo reggo, non sopporto
chi si preoccupa solo delle apparenze. Sbottono anche la camicia e faccio
entrare un po' d'aria nella scollatura.
Ecco, è stato allora. Da
quell'istante il mio mondo è cambiato: ho sentito un colpo fortissimo alla
guancia sinistra. In vita mia, non avevo mai ricevuto un pugno. Sono caduta. Ora
ricordo tutto. Lui mi ha presa a calci, ora ricordo. Poi c'è stata la luce,
quando ho accompagnato Yazmin dal Signore. Che riposi in pace!
La porta
si apre. Compare una donna bellissima, nerissima con la testa piena di treccine,
insieme a un bimba ancor più bella di lei, anche lei con la testa piena di
treccine. Poi fa capolino Peppino «Si può?»
La donna mi prende le mani e
le bacia «Grazie signora, tu hai fatto tantissimo per la nostra vita e nostra
felicità. Signore ti premierà. Tu oggi è così nel letto e questa è una brutta
cosa, ma domani hai grande gioia e tanto amore, perché tu sai dare gioia e
amore!
Peppino sorride «Le vedi come sono belle qui!? Tu hai lavorato
molto e anche pregato per questo. E adesso eccole!»
Mi viene voglia di
alzarmi subito dal letto per farmi fare i capelli a treccine. Non sarà la
violenza di un criminale a farmi smettere di credere nella misericordia di
Allah.
Il Canada apre gli occhi, l'Italia mette la testa sotto alla sabbia dello spread
post pubblicato in diario, il 12 settembre 2012
Alcuni giorni fa anche
il Canada ha deciso di chiudere ogni rapporto diplomatico con l'Iran. Qui da
noi la notizia non è stata diffusa dai telegiornali ed è stata quasi ignorata
dalla carta stampata.
E'
evidente la forte opposizione delle lobby (in Italia, la Confindustria al primo posto) a ogni decisione chiara nei riguardi
dell'Iran, di cui l'UE e primo partner commerciale.
Come riporta
la Reuter, il Ministro degli Esteri canadese John Baird ha reciso i legami
diplomatici con la teocrazia iraniana poiché quel regime rappresenta attualmente
un grave pericolo per la pace mondiale, con le sue minacce di eliminazione di
Israele dalla faccia della Terra, rese ancor più gravi dai risultati
raggiunti dal suo decennale programma nucleare.
E' dal 2002 che il
cosiddetto Occidente pone ultimatum all'Iran, superando di gran lunga il limite
del ridicolo. Ma sui nostri giornali e nelle veline delle nostre agenzie di
stampa si continuano a leggere stronzate come quelle che vi propongo qui in
basso (e commento brevemente).
Iran: Gb ha chiesto a Netanyahu di non attaccare siti
nucleari http://www.asca.it/news-Iran__Gb_ha_chiesto_a_Netanyahu_di_non_attaccare_siti_nucleari-1194964-ATT.html
Come al solito abbiamo al centro Isreale, che rappresenta il peggior
pericolo per la pace nel mondo, quel piccolo "Stato di
merda" che si è "abusivamente insediato"
sulla terra degli indigeni "palestinesi" che
"vivevano lì da millenni" (tra virgolette, tutte
citazioni famose, a partire dalla prima che è di un diplomatico francese, fino
all'ultima che è patrimonio qulturale del popolo lettore del
Manifesto).
Nell'articolo si legge, fra
l'altro:
"Le potenze occidentali e Israele
sospettano che l'Iran stia cercando di sviluppare armi atomiche sotto la
copertura del suo programma nucleare civile. Circostanza negata categoricamente
da Teheran." Come per dire: le potenze occidentali sono
paranoiche e non si fidano della parola dell'ayatollah!
L'articolo recita così: "Lo ha detto il capo del governo di
Tel Aviv, Benjamin Netanyahu"
Il governo di Tel Aviv? qualcuno vuol far studiare un po' di geografia a
questi cazzoni che scrivono le agenzie, o spiegargli che la sede del governo
israeliano è a Gerusalemme e non a Tel Aviv?
"la Gran Bretagna avrebbe tentato di convincere
segretamente i vertici israeliani a non ordinare un assalto militare contro gli
impianti atomici della Repubblica degli ayatollah.", insomma
secondo l'ASCA gli inglesi cercherebbero di insegnare il self-control agli
israeliani che sarebbero assetati di sangue persiano; però il condizionale fa
capire che i poveretti non sono riusciti nel loro intento educativo.
Iran. Il bluff israeliano mette in
difficoltà Obama
Insomma, questi israeliani prenderebbero per culo anche il
capo della maggiore potenza mondiale. Sono davvero furbi e satanici...
... e infatti, sono talmente satanici da riuscire alla fine a
far capitolare la fermezza degli USA! Tant'è vero che:
"Il presidente americano Barack Obama ha chiamato
il premier israeliano Benjamin Netanyahu per ribadire ''la stretta
cooperazione'' e ''l'unita' per impedire all'Iran di ottenere l'arma
nucleare''."
Ed ecco qual è il risultato, i danni all'economia iraniana,
uno dei maggiori partner commerciali dell'Italia in Medioriente! Cavolo, e tutto
questo per la paranoia degli ebrei che dicono che lì si stia producendo la bomba
atomica... infatti nell'articolo si legge:
"colpisce l'economia iraniana alle prese con le
sanzioni internazionali contro il suo controverso programma
nucleare."
Proprio così, il programma nucleare iraniano è "controverso".
Mica ci sono ultimatum dell'ONU e dell'Agenzia Atomica Internazionale dal 2002!
Nooo.
L'ANSA riporta pari pari, facendo suo, un dispaccio
dell'agenzia iraniana IRNA, in cui si legge che sanzioni sarebbero uno
strumento "sorpassato e inutile" "per dissuadere l'Iran dallo
sviluppo del proprio programma nucleare sospettato di una dimensione
militare."
"Sospettato", capite!?
Ed ecco che invece dall'Iran arriva un'ottima notizia, a
dimostrazione che il regime teocratico non è così cattivo come vuol farci
credere Israele.
L'apertura dell'articolo recita "Libertà di
religione". Sì, proprio così. Lo so è da non credere, ma provate a
leggere coi vostri occhi: "Libertà di religione". Non
perché questa sia negata fino all'inverosimile, ma perché infondo la magnanimità
del regime risparmia la vita a un infedele. Infatti il titolo continua con
un esultante "Dall’Iran arriva una buona, ottima
notizia."
"A
favorire la sua assoluzione è stata, dunque, l’ampia mobilitazione delle
organizzazioni internazionali per i diritti umani unita, probabilmente, a una
valutazione di opportunità da parte delle autorità di Teheran: mettere a morte
un cristiano apostata, il cui caso aveva assunto notorietà internazionale,
avrebbe fatto troppo rumore."
Con questo, cosa si vorrebbe far credere? che le
mobilitazioni delle organizzazioni internazionali siano la carta vincente?
anche sulla questione nucleare? Ma ceeertamente! Che vi credete che l'Iran sia
una dittatura oscurantista che tiene in galera innocenti, rei di aver cambiato
credo o di aver spostato il foulard dai capelli? Ma no, leggete l'articolo che
segue e capirete che lì almeno i violentatori sono asssicurati alla gisustizia e
puniti come si deve. Mica come qui da noi!
Questo articolo è di una ipocrisisa da brivido. Che il tizio
in questione, un certo Sadeg Moradi, "impiccato, appeso ad una gru, ad un
incrocio della capitale e lasciato in bella vista" sia davvero autore di "vari
casi di stupro e torture praticate alle sue vittime" può essere, ma può anche
non essere: nessuno ci assicura che non sia stato l'ennesimo oppositore del
regime, fatto passare per criminale.
Più in basso si legge: "L’81% delle esecuzioni, continua
Shahid, sono relazionate al traffico di droga", senza mettere in dubbio
minimamente che certe accuse possano essere costruite ad arte.
"In Iran, Stato teocratico musulmano sciita, vige
l’interpretazione della sharia che prevede la condanna a morte per assassini,
violentatori, narcotrafficanti.", fingendo di ignorare le centinaia esecuzioni
per il "reato" di omosessualità.
Falcone, che peccato...
post pubblicato in archivio, il 25 maggio 2012
Leggere certe affermazioni nell'articolo di Sandro Viola (fatto sparire ad arte dagli archivi web di Repubblica) non mi sorprende affatto. Lui è un campione mondiale nel suo genere. E, del resto, perché mai dovrei sorprendermi per uno che ha scritto cose anche peggiori, soprattutto parlando di ebrei e Israele? Buona lettura.
Falcone, che peccato…di Sandro ViolaD’un uomo come Giovanni Falcone, il magistrato che alla metà degli anni
Ottanta, dal suo posto alla Procura di Palermo, inflisse alcuni duri colpi alla
mafia, si vorrebbe dire tutto il bene possibile. O quanto meno, per evitare di
trovarsi nella pessima compagnia di certi suoi detrattori, non si vorrebbe
dirne male. E tuttavia, da qualche tempo sta diventando difficile guardare al
giudice Falcone col rispetto che s’era guadagnato.
Egli è stato preso, infatti, da una febbre di presenzialismo. Sembra dominato
da quell’impulso irrefrenabile a parlare, che oggi rappresenta il più indecente
dei vizi nazionali. Quella smania di pronunciarsi, di sciorinare sentenze sulle
pagine dei giornali o negli studi televisivi, che divora tanti personaggi della
vita italiana — a cominciare, sfortunatamente per la Repubblica, dal Presidente
della Repubblica —, spingendoli a gareggiare con i comici del sabato sera, con
il prof. Sgarbi, con i leaders di partito, con i conduttori di «talk-shows», con
gli allenatori di calcio, insomma con tutti coloro che ci affliggono
quotidianamente, nei giornali e alla televisione, con le loro fumose e
insopportabili logorree.
Ecco quindi il magistrato Falcone, oggi ad uno dei postì di vertice del
ministero di Grazia e Giustizia, divenuto uno dei più loquaci e prolifici
componenti del carrozzone pubblicistico italiano. Artìcoli, interviste, sortite
radiofoniche, comparse televisive. E come se non bastasse, libri: è uscito da
poco, infatti, un suo libro-intervista dal titolo accattivante, un titolo metà
Sciascia e metà «serial» televisivo, «Cose di cosa nostra», che con il suo suono
leggero, la sua graziosa allitterazione, a tutto fa pensare meno che ai cadaveri
seminati dalla mafia. Concludendo: ecco il giudice Falcone entrato a far parte
di quella scalcinata compagnia di giro degli autori di «instant books», degli
«opinionisti al minuto», dei «noti esperti», degli «ospiti in studio», che sera
dopo sera, a sera inoltrata — quasi un «memento mori» —, s’affacciano dagli
schermi televisivi.
Né il giudice Falcone può invocare la sua esperienza del crimine, e del
crimine mafioso in particolare come giustificazione di tanti interventi. Certo,
ci sono materie in cui la parola va data al «noto esperto»: la gastronomia,
poniamo, il giardinaggio, il salvataggio dei monumenti. Nulla osta, infatti,
acché queste materie vengano trattate in tutta libertà, col più esplicito dei
linguaggi. Ma parlare di crimine quando si ricopre un’altissima carica
nell’amministrazione della giustizia, è diverso.
Intanto, si pone il problema formale della compatibilità tra la funzione
nell’apparato statale e l’attività pubblicistica. E poi c’è un elemento
sostanziale. Trattare la materia mafiosa quando si è, allo stesso tempo, un
magistrato coinvolto a fondo nella lotta alla mafia, impone un riserbo.
Costringe, se non proprio all’evasività, a discorsi generici. Infatti, dal dr.
Falcone lo spettatore televisivo, il lettore dei suoi articoli, ricaverà quasi
sempre molto poco. Perché quello che il direttore degli Affari Penali sa, non
può certo essere detto interamente; e quello che pensa — se appena l’argomento è
un po’ delicato —, va detto con estrema cautela.
Il risultato è che le esternazioni del dr. Falcone risultano quanto mai
nebulose. Così, qualcuno penserà che egli non sa niente di niente sulla
criminalità organizzata, un altro crederà che lancia messaggi trasversali, un
altro ancora riterrà che ciurla nel manico, un ultimo sospetterà che non sa
esprimersi. E dunque che senso può avere il pronunciarsi (come il
giudice Falcone fa così di frequente), quando il decoro della funzione
giudiziaria, gli obblighi di discrezione connessi alla carica, impediscono
giustamente d’essere troppo espliciti? Non si potrebbe rispondere alle
segretarie di redazione del Tg2 e del Tg3 che telefonano per organizzare una
trasmissione, «Grazie, ma sono occupato»?
Beninteso, rimproverare al giudice Falcone di contribuire senza risparmio al
«ronzio incessante di commenti estetici, di opinioni al minuto, di giudizi
pontificali pre-imballati che invadono l’etere», sarebbe più pertinente in un
altro paese che non l’Italia. In Italia, si sa come stanno le cose. Il primo a
violare giornalmente ogni obbligo di riserbo, di misura, di rispetto per la
propria funzione, è il primo cittadino della Repubblica. E di fronte a tanto
disprezzo delle regole da parte di chi, per primo, dovrebbe servire da esempio,
illustrando le virtù della discrezione e della compostezza, prendersela col dr.
Falcone può risultare ozioso.
Ma è il passato del giudice Falcone, che induce alla critica. Non lo
si tirerebbe in ballo se egli fosse uno dei tanti magistrati che si sono messi a
far politica, ad ammorbare con la loro prosa indigeribile le pagine
dell’«Unità», ad esibire le loro parlantine in televisione. Ma la capacità con
cui egli svolse i suoi incarichi alla Procura di Palermo, la stima che suscitò
in tanti di noi, costringono ad esprimere uno stupore, una riserva, sull’eccesso
di verbosità con cui egli va conducendo questa seconda parte della sua
carriera. Perché nessuna regola o consuetudine prevede che i magistrati tengano
una «rubrica fissa» sul crimine. Perché nessun paese civile ha mai lasciato che
si confondessero la magistratura e l’attività pubblicistica. E dunque non si
capisce come mai il dr. Falcone, se proprio tiene tanto al suo nuovo ruolo di
«esperto in criminalità mafiosa», non ne faccia la sua professione definitiva,
abbandonando (questo sì, questo sarebbe inevitabile) la magistratura.
Qualcuno mi dice che le continue sortite del giudice palermitano avrebbero un
loro scopo, peraltro apprezzabile: quello d’illustrare, propagandare, i due
organismi varati recentemente per combattere meglio la mafia, la cosiddetta
Superprocura e la Dia. Personalmente, considero la Superprocura e la Dia due
misure sensate (e che mi auguro risultino efficaci), mentre mi sfuggono le
ragioni di chi invece le avversa. Ma quanto al propagandarle, il direttore degli
Affari penali avrebbe altro modo che non il presenzialismo di cui s’è detto. Due
interviste all’anno — chiare, circostanziate — sarebbero infatti più che
sufficienti.
Quel che temo, tuttavia, è che a questo punto il giudice Falcone non potrebbe
più placarsi con un paio d’interviste all’anno. La logica e le trappole
dell’informazione di massa, le sirene della notorietà televisiva tendono a
trasformare in ansiosi esibizionisti anche uomini che erano, all’origine,del
tutto equilibrati. L’apparire, il pronunciarsi ingenerano ad un certo momento
come una «dipendenza», il timore lancinante che il non esibirsi sia lo stesso
che non esistere. E scorrendo il libro-intervista di Falcone, «Cose di cosa
nostra», s’avverte (anche per il concorso d’una intervistatrice adorante)
proprio questo: l’eruzione d’una vanità, d’una spinta a descriversi, a
celebrarsi, come se ne colgono nelle interviste del ministro De Michelis o dei
guitti televisivi.
E, si capisce, la fatuità fa declinare la capacità d’autocritica. Solo così
si spiegano le melensaggini di «Cose di cosa nostra». Frasi come: «Questa è la
Sicilia, l’isola del potere e della patologia del potere»; oppure: «Al tribunale
di Palermo sono stato oggetto d’una serie di microsismi…»; oppure ancora: «Ho
sempre saputo che per dare battaglia bisogna lavorare a più non posso e non
m’erano necessarie particolari illuminazioni per capire che la mafia era una
organizzazione criminale». Dio, che linguaggio.
A Falcone non saranno necessarie, ma a me servirebbero, invece, due o tre «
particolari illuminazioni»: così da capire, o avvicinarmi a capire, come mai un
valoroso magistrato desideri essere un mediocre pubblicista. (Da Repubblica del 9 gennaio 1992, si ringrazia l'Emeroteca Tucci di Napoli)

Mai più come a Gush Katif !
post pubblicato in archivio, il 26 aprile 2012
Travi e pagliuzze
post pubblicato in diario, il 21 aprile 2012
Nei giorni scorsi ha suscitato grande sdegno la notizia del pestaggio del militante danese Andreas Ias da parte di un militare
israeliano.
Il
militare israeliano è stato sospeso e su di lui è stata aperta un'inchiesta.
Però,
mi chiedo, perché non ha suscitato scalpore e non ha fatto sospendere nessun
agente il fatto avvenuto a Copenaghen documentato nel video qui
sotto?
Sarà
la vecchia storia della pagliuzza e della trave che raccontava quel mio lontano prozio? Mhm.
Amore halal e amore haram
post pubblicato in diario, il 18 aprile 2012
L'invenzione di un popolo inesistente
post pubblicato in diario, il 18 aprile 2012
A volte conviene inventare un popolo
per bassi scopi. Un po' come i leghisti inventarono il popolo
padano. Un giorno un tizio mi porta l'immagine di queste
monete come prova dell'esistenza della Palestina nella Storia
:
Io gli faccio presente che quella è la moneta britannica
introdotta con l'invasione inglese della regione. E gli mostro le Lire Turche
che erano in circolazione fino a poco tempo prima, quando gli sciacalli ancora
non avevano fatto scempio dei resti dell'Impero Ottomano.
E gli
spiego che su questa moneta, in numeri che lui non conosce ma che io conosco,
c'è incisa la data del 1336 dell'Egira che equivale al 1918 dell'Era Volgare.
Poi, per completare la lezioncina di storia, gli mostro la cartina della regione
in questione che, prima dell'avvento dell'esercito di sua meastà britannica, si
chiamava Suriye Elayeti, ossia provincia di Siria.
E gli
spiego che la provincia di Siria era suddivisa in tre distretti: - Damasco,
con popolazione musulmana
- Beirut, con popolazione in parte cristiana,
suddivisa nelle tre aree: a sud i copti, al centro i maroniti e al nord i
greco-ortodossi
- sangiaccato di Gerusalemme, con popolazione prevalentemente
ebraica.
Ed è stato più o meno così per diversi secoli. Di "Palestina" e di
un sedicente "popolo palestinese" non c'è mai stata traccia. Poi gli ho mostrato
una cartina di raffronto degli antichi confini con quelli degli stati attuali,
molti dei quali fatti con la squadretta da Inglesi, Francesi, usurpatori
sauditi ecc..
Oggi l'Italiano Medio si commuove pronunciando la
parola "Palestina", perché crede sia il nome della Terra di Gesù. Ne è convinto:
un po' perché a scuola ha studiato svogliatamente la storia, un po' perché i
libri di testo spesso fanno schifo.
Così accade che l'Italiano Medio ignori
che il nome "Palestina" fu imposto a quella terra solo nell'anno 70, come
dispregiativo (Palestina=terra dei Filistei, popolo già a quel tempo esitinto da
secoli), insieme al nome di "Aelia Capitolina" per Gerusalemme. Nomi imposti con
odio contro quegli ebrei che proprio non volevano arrendersi alla potenza di
Roma.
Solo allora fu inventata la "Palestina": e fu un nome in uso solo fra
i Romani, per designare quell'area formata dalle province che loro stessi fino
ad allora avevano sempre chiamato "Iudea", "Samaria",
"Galilaea".
"Palestina", quella che poi per molti secoli è stato il
sangiaccato di Gerusalemme, regione a maggioranza ebraica della "Suriye eyaleti
", la provincia di Siria dell'Impero Ottomano, in cui ebrei e cristiani erano considerati come galline dalle uova d'oro, perché erano gli unici obbligati a pagare le tasse (dhimmi), mentre i musulmani ne erano esentati, tranne quelli benestanti che versavano lo zakat destinato ai loro correligionari indigenti.
"Palestina" è un nome che
ritorna in uso soltanto dal 1920 al 1948 con il "Mandato
Britannico". L'unica bandiera di un qualcosa chiamato "Palestina" è quella del Mandato Britannico. La bandiera in uso attualmente dall'Autorità Palestinese non è altro che la bandiera della Giordania, cui è stata omessa la stella hashemita."Palestina", terra che gli Ebrei hanno sempre chiamato
"Israele", così come i Greci hanno sempre chiamato "Hellas" la loro terra,
quella regione del Mediterraneo che per noi è "Grecia" e per i Turchi era, ed è
tutt'oggi, "Yunanistan".
Il 14 maggio del 1948, con la nascita dello Stato
d'Israele il nome "Palestina" muore di nuovo. Muore, ma poi risorge il 17 luglio
1968 con la "Risoluzione del Consiglio Nazionale Palestinese", che
recita:
«La Palestina è la patria del popolo arabo palestinese; è parte
indivisibile della nazione araba, di cui il popolo palestinese è parte
integrante. La Palestina, entro i limiti che aveva ai tempi del Mandato
Britannico (ossia gli attuali Israele + Giordania + Territori dell'Autonomia
Palestinese + Gaza, n.d.r), è un'indivisibile unità territoriale.» (fonte:
http://www.pbmstoria.it/unita/duepopoli/Doc/carta_olp.htm) Insomma, la
"Palestina" rinasce, allo scopo di eliminare Israele, lo stato degli Ebrei. Ma
agli occhi dell'Italiano Medio la sua rinascita appare come una lotta di poveri
contro ricchi, invertendo, per chissà quale mistero, il ruolo dei due attori.
Non sono ricchi i latifondisti arabi, NO. Sono ricchi gli ebrei, anche quelli
più sventurati!
E' ricca la gente che arriva su carrette del mare per
ricongiungersi ai propri connazionali, sfuggendo a un'Europa che li ha
perseguitati per secoli, tenuti ai margini, messi al rogo, infornati ad
Auschwitz.
E' ricca la gente che, dopo millenni trascorsi nei paesi del Nord
Africa, è costretta a lasciare da un giorno all'altro tutto, per sfuggire
all'odio fomentato dalla propaganda.
E' ricca la gente vestita alla men
peggio che, senza casa e senza nulla, fonda comunità basate su principi
socialisti e prende la zappa in mano per dissodare terra rimasta incolta per
secoli in mano a latifondisti egiziani o siriani, riscattata a peso d'oro,
pagandola a quegli stessi padroni che con quei soldi pensavano alle armi da
comprare per riprendersi tutto.
E' ricca quella gente. Ed è davvero molto
ricca: ricca di fame, ricca di miseria, ma soprattutto ricca di speranza, ricca
di inventiva, ricca di spiritualità, ricca di senso pratico, ricca della propria
cultura pluri-millenaria e di tutte le culture con cui si è
confrontata...
Mentre è povera la "Palestina". E lo è soprattutto
nell'immaginario dell'Italiano Medio: è come una sorta di Sierra Maestra
mediorientale, in cui il prode Arafat, presentato come un Guevara, combatte
contro l'arroganza degli israeliani, ricchi e prepotenti, paragonabili agli
yankee e perfino ai boeri razzisti del Sud Africa!
La "Palestina" di Arafat
l'egiziano, il pupillo di Muhammad Amin al-Husayni, alleato di Hitler e
fondatore della Legione Araba, quell'esercito di criminali che marciavano al
passo dell'oca sulla terra degli Ebrei e che intendeva attuare la Soluzione
Finale anche lì!
"Palestina". Una lotta di liberazione per l'Italiano Medio.
In realtà, uno sporco gioco degli Inglesi prima, dei Russi e degli Americani
poi, come ci raccontano David Horowitz e Guy Millière in Comment le peuple
palestinien fut inventé, libro non ancora tradotto in Italiano e di cui vi
opropongo alcuni passi.
Speriamo di vederlo nelle nostre librerie al più
presto.
(dal libro: Comment le peuple
palestinien fut inventé, di David Horowitz, Guy Millière)
(....) Fu, nota Ion
Mihai Pacepa, ex-capo della Securitate rumena, nel suo libro "The Kremlin
Legacy", in un giorno del 1964, « fummo convocati a una riunione congiunta del
KGB a Mosca ». Il soggetto della riunione era di estrema importanza: « si
trattava di ridefinire la lotta contro Israele, considerato un alleato
dell'Occidente nel quadro della guerra fredda che conducevamo». La guerra araba
per la distruzione di Israele non era suscettibile di attirare molti sostegni
nei « movimenti per la pace », satelliti de l’Unione Sovietica. Dovevamo
ridefinirla. Era l'epoca delle lotte di liberazione nazionali. Fu deciso che
sarebbe stata una lotta di liberazione nazionale: quella del "POPOLO
PALESTINESE". L'organizzazione si sarebbe chiamata OLP: Organizzazione per la
Liberazione della Palestina. Alla riunione parteciparono membri dei servizi
siriani e egiziani. I Siriani proposero il loro uomo, come futuro leader del
movimento : Ahmed Shukairy, e fu accettato. Gli Egiziani avevano il loro
candidato : Yasser Arafat. Quando fu chiaro che Shukairy non sarebbe stato
all'altezza della situazione, fu deciso di rimpiazzarlo con Arafat, e, spiega
Pacepa, costui fu "fabbricato": abbigliamento da Che Guevara medio-orientale,
barba di tre giorni da avventuriero. «Dovevamo sedurre i nostri militanti e i
nostri contatti in Europa».
 Yasser Arafat nel 1964
Quaranta e passa
anni dopo, l'opera di seduzione sembra aver avuto un netto successo. Non solo la
« lotta di liberazione nazionale del popolo palestinese » appare giusta e
legittima, ma nessuno mette più in discussione l'esistenza del "popolo
palestinese". nessuno osa dire che questo popolo fu inventato a fini di
propaganda: nessuno sembra voler ricordarsene. Nessuno sembra volersi ricordare
che la creazione del "popolo palestinese" fu un utile strumento della lotta
dell'Unione Sovietica contro l'Occidente, durante la Guerra fredda. E
infatti: la lotta di liberazione nazionale inventata dal KGB ha fatto la sua
strada: ci sono stati gli accordi di Oslo e la creazione dell'autorità
palestinese in Giudea Samaria, c'è stata l'emergenza di Hamas poi, dopo la
caduta dell'URSS, l'inserimento di una dimensione islamista nel conflitto. C'è
stato, soprattutto, con Oslo, il riconoscimento da parte del governo israeliano
dell'invenzione del KGB, il "popolo palestinese", invenzione che è sfociata
nell'idea dei "territori palestinesi" "occupati" da Israele. Noi siamo oggi
in uno dei momenti nei quali la parte islamista che tiene Gaza e la parte
derivata dall'OLP che tiene Ramallah, cercano di ottenere un riconoscimento
internazionale all'ONU, avendolo già ottenuto all'Unesco, con il sostegno di
paesi come la Francia. (....) Testo francese a questa pagina: http://levysimon.over-blog.com/article-le-kgb-et-le-peuple-palestinien-92509611.html Per approfondimenti: Ion Mihai Pacepa, The Kremlin Legacy, 1993. (mai
tradotto in
italiano) http://www.amicidisraele.org/2012/04/il-kgb-e-la-nascita-del-popolo-palestinese/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=il-kgb-e-la-nascita-del-popolo-palestinese
Dal tamburo di latta... alla testa di nazi
post pubblicato in diario, il 11 aprile 2012
GÜNTER GRASS
Sì, è proprio lui. E' quello sulla destra.
Qui invece è nel travestimento che tutti abbiamo conosciutofino a ieri: "intellettuale di sinistra" "premio Nobel per la letteratura".
Ma la vecchiaia ha mostrato che il suo vero volto è sempre lo stesso.
Nella vita non si cambia molto.( fra parentesi, Grass ha ammesso solo nel 2006 di avere combattuto nei ranghi delle SS naziste. Da volontario, non da coscritto!!)
De Magistris: Giggì, sei quello che sei !!
post pubblicato in diario, il 18 gennaio 2012
L'antica cultura di coloro che fecero dono all'umanità del tesoro dei numeri
post pubblicato in diario, il 2 dicembre 2011
Qui in Occidente, c'è gente talmente spocchiosa da sentirsi
in diritto di giudicare le altre culture con aria di superiorità, auspicando
perfino interventi di esportazione della democrazia e dei diritti umani, invece
di starsene lì a guardare, magari prendendo esempio dagli altri.
Ecco una
storia di quotidiana normalità che si svolge in una di quelle società che noi
Occidentali-mentalmente-chiusi ancora ci rifiutiamo di fare nostra.
 C'è
una ragazza di 23 anni. Non sappiamo che volto ha, né come sono le sue curve
perché è una ragazza saudita imbacuccata dalla testa ai piedi con il niqab nero.
Un suo connazionale gentilissimo le offre un passaggio in macchina e lei, dopo
un po' di titubanza, accetta.
Cosa succede dopo? Lui, invece di
accompagnarla a casa, la porta in una rest house di periferia. A fare che? A
scoprirle gli occhi e innamorarsene? No. A sedurla per fare allegramente sesso
sfrenato, in un paese dove le donne sono invisibili e gli uomini possono solo
fantasticare coi dvd porno? Ebbene no!! Lui è un vero altruista, perciò invita
generosamente quattro dei suoi amici più cari per spartire equamente la preziosa
preda per un'intera notte.
"Be', tutto il mondo è paese!" -direte voi-
"L'antica cultura di coloro che fecero dono all'umanità del tesoro dei numeri
non è poi così diversa dalle nostre sane tradizioni mediterranee..."
Infatti. Però loro, a differenza di noi meschini Occidentali, hanno una
marcia in più. Leggete l'epilogo di questa storia edificante e capirete qual è
la differenza sostanziale fra noi e loro.
Circa due mesi e mezzo più
tardi, la ragazza si accorge di essere incinta di uno dei suoi aguzzini; per
questo si reca all'ospedale chiedendo di abortire.
La donna, non essendo
sposata, viene giustamente trasferita in galera, dove sconterà una pena di un
anno più cento frustate che, per somma magnanimità della corte, le saranno
somministrate solo dopo il parto. Il bambino porterà il cognome della mamma, il
che, nell'evolutissima società araba, sarà il meritato marchio a vita di "figlio
di puttana".
La notizia per intero è riportata in Inglese
da Saudi Gazette:
Come
vedete, quello che da noi è ingiustamente considerato reato di stupro, in una
società evoluta e giusta come quella araba è tutelato dalla legge di Maometto.
Fortunatamente per l'umanità intera, la Primavera Araba ha abbattuto
definitivamente i regimi totalitari del Nord Africa sostenuti dal maligno
Occidente, per far posto anche lì a società sane e giuste guidate da ideali di
antica civiltà. Già in Tunisia si cominciano a vedere i primi risultati; in
Egitto le Elezioni Democratiche stanno evidenziando la vittoria dei Fratelli
Musulmani; in Libia la caduta di Gheddafi ha fatto posto alla vera libertà.
Così potremo essere tutti più felici pensando che finalmente anche in
quei Paesi un tempo soggiogati dall'Occidente, d'ora in poi gli uomini saranno
sottomessi solo alla legge divina, mentre le donne avranno pieno diritto di
sottomettersi totalmente all'uomo e di coprirsi fino all'inverosimile anche col
caldo più torrido. E si spera che così nessuno si sognerà mai più di condannare
chi per diletto stupra una donna che contravviene ai suoi obblighi
morali.
(Dite la verità: dovreste ringraziarmi per avervi fatto
cominciare la giornata con dei pensieri così leggiadri, eh!?)
Gilad Shalit: «Hamas mi ha trattato bene»
post pubblicato in diario, il 19 ottobre 2011
 Queste sono state le tue prime parole pronunciate alla televisione Egiziana: «Hamas mi ha trattato bene».
 Gilad Shalit al rilascio, visibilmente deperito, è risultato pieno di ferite su tutto il corpo. Certo, ebreo Shalit, Hamas ti ha trattato bene, non ti ha ucciso. Solo perché tu per loro eri la gallina dalle uova d'oro, quella che gli ha permesso di rimettere in libertà 1027 assassini. E dare l'ennesimo schiaffo sonoro al tuo Paese.
Hai l'aria stanca e sei deperito Gilad. E io sono molto felice che tu sia tornato a casa. Ti abbraccio. Sappi che in questi anni il mio pensiero è andato a te tutti i giorni, sebbene non ti conosca di persona. Non prego mai, ma è come se lo avessi fatto, esclusivamente per te.
Spero che lo schifo di questi anni di prigionia assurda non ti lasci il segno e che la vita tua possa riprendere serena.
E spero che venga al più presto il giorno in cui chi fa il male è punito severamente e non premiato!
 Dietro le quinte dell'intervista la presenza dei terroristi di Hamas
Gli Ebrei... e avevano anche il coraggio di dire che sono più intelligenti!
post pubblicato in diario, il 5 ottobre 2011
Finalmente viene sfatata la leggenda dell'Ebreo intelligente! Non se ne poteva più. In fondo, è una forma di razzismo anche quella. Ora vi racconto.
Sala d'aspetto. Entro, mi siedo. Non c'è nessun altro, solo puzza di sigaretta e voci che si accavallano provenienti dai vari studi.
L'attesa si protrae più a lungo del previsto, la giovane collega del titolare viene a scusarsi. Io la rassicuro dicendole che sono in anticipo di 15 minuti. Ma a Napoli funziona così, non si sa mai di preciso a che ora si riesce ad arrivare. Ma io, piuttosto che fare tardi, preferisco aspettare.
Disgraziatamente, l'attesa a un certo punto sembra farsi noiosa, e io non ho con me neanche un libro! L'occhio punta istintivamente al tavolino con le riviste. Non c'è molta scelta: un depliant di gite alla Madonna di Non-So-Dove, squallidissimo senza nemmeno immagini a colori; un numero di D di Repubblica di qualche mese fa, gonfio di pettegolezzi sui vip, farciti da una caterva di anoressiche in bikini.
In ultimo, scopro una "cosa" che attira la mia attenzione: una pubblicazione in un formato insolito, di cartoncino costoso. La sfoglio: si parla di muoni, neutrini e altri cosini di cui non capisco un protosincrotrone. E' il "magazine" redatto nientepopodimeno che dall'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare!
Salto da un articolo all'altro, alla ricerca disperata di qualcosa di comprensibile... finché, verso una delle ultime pagine, chi ti trovo?
«Oh cazzo, ma questo sta dappertutto!»
E' il falso ashkenzita delle barzellette, l'Ebreo taroccato, quello che ha sdoganato un sacco di battute contro gli Ebrei... ché, se le dice un Ebreo stesso, è segno che si può fare.
«Vabbè, se sta in una rivista seria, in una pubblicazione di fisica delle particelle, vorrà dire che stavolta qualcosa di serio, l'avrà scritto perfino lui», penso.
E leggo. Poi rileggo, con la sensazione che alla prima lettura dev'essermi sfuggito qualcosa... E rileggo anche per la terza volta, tanto di tempo da buttare ne ho, in questa sala d'aspetto di merda che puzza di ceneriera! Chissà, forse nella prima lettura ero prevenuto, con quella brutta faccia sotto gli occhi. Così ricopro la foto usando l'anoressica più carina che riesco a trovare su D di Repubblica, e rileggo con calma, avendo stavolta sotto gli occhi il verde chiaro del mare, la sabbia dorata su cui poggiano le curve dolci di un bel corpo, ahimé denutrito, ma sempre meglio di quella faccia!
Alla terza rilettura, posso dire senza margine di errore di aver capito. Fino in fondo.
Provate a leggere anche voi e poi ditemi se non ho ragione.
La relatività sabbatica. di Moni Ovadia, attore teatrale, musicista e scrittore
Per tutta la vita, ho avuto modo di vivere secondo le mie scelte e di realizzare progetti nutriti dalla passione, in cui credevo e che amavo. Pur attraverso molti travagli e difficoltà, sono approdato a una sintonia con me stesso di cui sono ragionevolmente soddisfatto e consapevole, sia sul piano professionale che su quello etico sociale. Ciononostante non ho potuto evitare di avere alle spalle alcuni grandi rimpianti. Uno dei più acuti è stato quello di non essermi dedicato in profondità a qualche aspetto della cultura scientifica e nella fattispecie alla fisica. Certo avrei potuto rimettermi a studiare, ma operare delle scelte significa optare per una gestione del proprio tempo e accettarne i limiti. Dunque l’informazione divulgativa è il massimo livello di conoscenza a cui ho potuto accedere. Il culmine della frustrazione causato dalla mancanza di sapere scientifico per me è tuttora rappresentato dall’incapacità di capire autenticamente il significato della rivoluzione portata dalla teoria dell’universo di Albert Einstein. La figura del grande scienziato e umanista ha permeato di sé l’intero ’900 e continua ad accompagnarci nel nuovo millennio. La sua immagine fa parte del repertorio iconico di centinaia di milioni di esseri umani in tutto il pianeta, è entrata nella cultura popolare ed è approdata al cinema e alla televisione anche nelle forme della fiction. Una storiella ebraica ha registrato a suo modo la teoria della relatività: un vecchio ebreo un giorno ha l’occasione di incontrare il professor Einstein e pieno di emozione gli domanda, “profèsor Einstein io sono un vechio e come ibreo sono molto orgolioso che lei è uno del nostri, ma non so il matematica e il fisica, potrebe lei mi spiegare il suo teoria del relatività?”. Einstein gli risponde: “Guardi, mettiamola così! Se lei sta seduto su una poltrona con una splendida fanciulla nuda sulle gambe, un’ora le sembra un secondo, se invece lei sta seduto con il sedere nudo su una stufa arroventata, un secondo le sembra un’ora”. A quel punto, assai perplesso il vecchio ebreo dice a Einstein: “Profèsor Einstein è con qvesto che lei si gvadagna da vivere?”. Ma umorismo a parte, che cosa c’è di ebraico in ciò che il genio della fisica ha prima intuito e poi elaborato in teoria scientifica? Non la sua prodigiosa intelligenza, né la sua statura etica che appartengono all’universale umano, cosa dunque? I miei studi amatoriali di ebraismo mi hanno portato a formulare una balzana ipotesi, ovvero, che l’avere postulato l’identità di spazio e tempo abbia una relazione con lo shabbat ebraico. L’orizzonte sabbatico inaugura la dimensione del tempo come spazio dell’umano in prospettiva extraterritoriale ed extratemporale. Lo spazio della terra, anche quello della terra di santità, nella celebrazione dello shabbat si fa da parte per accogliere la dignità dell’universalismo, che può esistere solo dove lo spazio dell’umano si identifica con il tempo dell’umano, dove il tempo dell’umano è lo spazio dell’umano, oltre i confini, oltre i limiti angusti e costrittivi del potere e dell’alienazione, al fine di accedere a uno spaziotempo che apre lo sguardo all’infinito degli universi. Lo shabbat con la sua inedita relazione spaziotempo introduce nella cultura dell’uomo i concetti di libertà e uguaglianza, sottraendolo alle idolatrie della produzione e del consumo, per affermare la priorità dello studio e della conoscenza nel quadro di una visione dell’essere umano come creatura integra e inviolabile. La mia ipotesi è certamente molto fantasiosa e tirata per i capelli, ma mi piace pensare che nel retroterra intimo della formazione di Einstein, lo spaziotempo sabbatico abbia potuto influire sull’intuizione della relatività.

http://www.asimmetrie.it/modules/smartsection/item.php?idnumero=83&itemid=151&categoryid=87&keywords=ovadia
Zaninelli, Cristiani, Bonelli, Riccabone - Storia Contemporanea: un pessimo esempio di testo scolastico
post pubblicato in diario, il 24 settembre 2011
Una dolce serata di agosto
post pubblicato in diario, il 12 settembre 2011
A un rinfresco
estivo nel giardino di una bella villa al mare, gli invitati
s'intrattengono in conversazioni amene e un po' formali.
Quando le
bottiglie cominciano ad apparire mezze vuote (o mezze piene, dipende
dal punto di vista), la discussione si fa appassionata e si
affrontano argomenti di politica e di economia. Come immancabilmente
accade, ci si lamenta delle nuove tasse, dei tagli ai servizi, del trattamento
disumano riservato ai clandestini, delle minacce di secessione
della Lega. Tutti sono concordi sul fatto che l'Italia rischia di finire
come la Grecia e che alle nuove generazioni non resterà che andare all'estero
per poter sperare in un futuro decente.
Ovviamente, non
manca il solito tipo mezzo brillo che ritiene di avere in tasca la soluzione per
ogni problema. E non manca nemmeno chi se ne sta zitto senza profferire
parola; in questo caso, però, non è il consueto scapolo timido e
musone, ma un'affascinante ventenne, figlia di una coppia
d'invitati ed unica rappresentante delle succitate nuove generazioni.
Se ne sta lì
rilassata e sorridente, con le gambe accavallate ad ascoltare un po'
divertita quei monologhi a più voci fra grigi cinquantenni, finché
non le squilla il telefonino. Si scusa con gli invitati che neanche la
notano e si apparta un minuto per porre rimedio a distanza alle
momentanee insicurezze del suo partner bloccato in città dall'ennesimo lavoro
precario.
Ritornata al suo
posto, si accorge di aver perso qualcosa della conversazione. Infatti,
a quel punto la padrona di casa, agitando l'indice, fa: «Certo che
questi ebrei ne hanno fatti di danni!»
Ci
sono frasi che lasciano spiazzati, ma
questa le sembra un vero nonsense. Così, senza chiedersi
quale fosse la causa scatenante di quell'ingiustificabile affermazione razzista,
si alza con leggerezza dalla sedia aprendo le braccia e mostrando i palmi delle
mani; con voce forte, ma con lo stesso tono che usa per dire "ti amo" comincia:
«E' vero, gli Ebrei hanno fatto un sacco di danni: si sono
adattati per secoli a vivere nei ghetti malsani in cui li hanno sbattuti... e
nonostante ciò, non si sono ammalati di peste... e non sono mai diventati
servili, a dispetto di tutti gli sforzi per sottometterli ed
umiliarli... da inguaribili impostori, hanno fatto finta di
convertirsi al cristianesimo sotto la sferza degli auto-da-fé, e non li ha
cambiati neanche il fuoco dei roghi della Santa Inquisizione... sono stati fra i
peggiori inquinatori dell'aria, con tutto quel fumo ad Auschwitz... e
tutt'oggi si ostinano malvagiamente a non farsi eliminare dalla faccia
della terra, causando la morte di migliaia di poveri terroristi
suicidi!»
La parona di
casa rimane immobile come una fotografia, gli invitati sono raggelati.
La ragazza abbassa lo sguardo, comincia a pentirsi di aver detto ciò che ha
detto, spera che le squilli di nuovo il telefonino... A quel punto sente quattro
mani che applaudono: sono i suoi genitori. Con gli occhi lucidi le si avvicinano
e la prendono sottobraccio dolcemente.
Senza salutare
nessuno, voltano le spalle e vanno via in tre.
Fulvio Del
Deo |